Lettera degli antipodi portata dal vento per flauto aperto in Do |
Dedication: | György Kurtág | |
Instruments: | flauto | |
Composition year: | 2000 | |
(c): | Ricordi 2001 | |
Manuscripts and printed documents kept at the Paul Sacher Foundation in Basel> | ||
Manuscripts kept at the Archivio Storico Ricordi in Milan | ||
First performance: | 05.10.2002, Oslo, Ultima Festival - Mario Caroli, flauto | |
Duration: | 5' | |
Questa composizione senza storia ha una storia senza storia. Ovvero: dietro questa costruzione della fantasia c'è la storia di un nuovo incontro, e ad alcuni essa parrebbe minuscola e insignificante.
Nell'anno 2000 il Festival d'Automne à Paris dedicò a me una serie di concerti e spettacoli, e fu una delle occasioni meglio congegnate intorno alla mia musica. Le prove si svolgevano in altre città d'Europa. Quando ero a Parigi, nei momenti liberi, correvo in albergo a lavorare su un pezzo per flauto solo. Diagrammi provvisori dai segni leggeri, fogli mezzi vuoti: camera e tavolo erano comodi e ben organizzati, favorevoli le luci; dunque mi dispiaceva non disporre di tempo a sufficienza dato che il brano richiedeva più e più impegno e la stesura non scorreva liscia come i concerti.
Dopo ogni serata, dietro le quinte, ricorreva un appuntamento senza appuntamento: si veniva materializzando la figura del famoso compositore Kurtàg, sorridente e complice, sempre presente con l'inseparabile compagna. Alcune composizioni di lui mi avevano colpito per la capacità di parlare con pochi mezzi, cosa non comune anzi straordinaria; però fino allora non ci eravamo visti. Desiderando di passare qualche ora insieme, partorimmo infine l'invito per un tè a casa loro, e ci incontrammo.
Scambi di ascolto, scambi di pensiero, amicizia sul nascere: avviene raramente, anche se dovrebbe costituire il tessuto ordinario della nostra vita sociale. Invece penso alle visite tra gli eremiti nel deserto, al peso echeggiante per anni delle parole dette.
Finita la festa, una volta tornato al mio paese presto riuscii a terminare il pezzo per flauto e lo inviai a Kurtàg con una dedica e senza una parola. Non so cosa egli abbia pensato del pezzo e del mio comportamento; non gli ho mai scritto perché volevo inviargli la musica.
La fragilità dell'essere al mondo, la distanza delle nostre traiettorie e la fiducia di potersi comprendere senza conoscersi: ecco ciò che rappresenta per me l'ultimo brano per flauto, il dodicesimo dopo All'aure in una lontananza. Anche quella era una lettera vaga, scritta ventitré anni prima.
Devo adesso accennare al titolo, il quale è tratto da un repertorio seicentesco di iconologia. Ascoltando appunto la Lettera con Trisha Brown nel suo studio di Broadway, mi scappò un'espressione sulla natura discendente del pezzo, che a lei piacque molto: è la geometrizzazione di un lamento. Stavamo seduti fra i danzatori in pausa, le grandi vetrate non arginavano il fragore continuo del traffico.
Caro Kurtàg, cara Marta, certo che avrei voglia di rivedervi, lungamente la memoria si porta verso di voi. Mi si agitano dentro domande, si affollano difficili da formulare. Dal fondo dell'amarezza, cosa possiamo contrapporre ai disastri del mondo, alla brutale o democratica imposizione delle diseguaglianze, al naufragio degli ideali sociali? Ancor più difficile rispondere da artisti.
Basterebbe la coscienza dell'irripetibile individualità che è in ciascun essere vivente, perfino nell'occhio fisso di un piccione? È questa coscienza forse il bello della vita? Basta lo sforzo di aprire la propria mente all'altro, al diverso da noi, affinché ciò che già sappiamo non s'irrigidisca e getti un'ombra decisa di ignoranza? Basta l'amore di libertà?
Basta un piccolo nucleo di amicizia a scaldare queste estati fredde?
Rimane un postscriptum da aggiungere al mio pezzo, e sono i gridi paurosi che mi risvegliano la notte. Prima o poi lo farò per mandarvelo.
Spesso scrivo lettere che il destinatario non riceverà. Mentre me ne chiedo ragione, piuttosto che Kafka intravedo Borges.
Il mio comportamento non è educato alla linearità, dissimula in effetti una condizione d'animo e una certezza, che il piacere della vita, parente del tepore autunnale, non consista nel trattenerla. Un personaggio, Simplicius, ha suscitato in me sempre un'adesione quasi pericolosa: dopo una vita di successo, egli scompare su un'isola sperduta, forse non agli antipodi ma quasi, donde non ritorna. Ebro di felicità vive riempiendo di scritte la vetegazione, come un'antica Sibilla o come i poeti-asceti del Giappone, al sicuro dalla Cura che acceca Faust.
Sfoglio il quaderno delle minute, ecco un biglietto a Nono (non avevo voluto mandarlo dato il suo stato di salute). Sopra, non una data bensì il nome di una colonna di fuoco azzurro: Cernobyl.
«Gigi, passo da un malumore all'altro per non sprofondare interamente. Pensavamo fosse diverso, esisteva un futuro in cui ciò che appare difficile si sarebbe dato alla portata di tutti. Questo affermava la nostra ricerca. Sembra ora neutralizzato ogni ideale di intelligenza, e la nostra sensibilità troppo sottile, nevrotica, umanitaria tanto che nessuno più sa che esiste. Abbiamo perso i nostri diritti? Il comfort, l'impersonale progresso hanno prosciugato la fantasia di conquista. L'impersonale progresso che cela gli interessi dei gruppi finanziari: non abbiamo prospettiva di sviluppo nè voce. Così siamo costretti, nuovamente, al coraggio cieco della solitudine».
Più avanti nel quaderno gli scrivevo ancora, fra me e me.
(2001)
SALVATORE SCIARRINO Works for Flute (2021) Matteo Cesari Flute Kairos 3CD 0015074KAI
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SALVATORE SCIARRINO L'OPERA PER FLAUTO VOL. I-II (2015) Matteo Cesari flauto Vanitas 2015 2CD Van 001- Van 002
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SCIARRINO L'OPERA PER FLAUTO VOL II (2002) Mario Caroli flauto Stradivarius 2002 CD STR 33599
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